Di solito, l’efficientamento di un edificio aumenta il suo valore economico; paradossalmente, nei prossimi anni potrebbe accadere il contrario.
Come mai? Una futura direttiva UE (in discussione in questi giorni) è destinata al patrimonio edilizio, tra i beni più importanti per gli italiani, e lascia aperte diverse ipotesi. Pone degli obiettivi ambiziosi ma rischiosi: le abitazioni di tutti gli europei, dovranno diventare case green entro il 2033!
Il modo per ottenere la certificazione e le spese da sostenere, creano delle inquietudini, come spesso accade di fronte agli obiettivi economici UE. Vediamo cosa dice esattamente la disposizione, nella sua fase di proposta.
L’efficientamento è una parola entrata nel nostro vocabolario ormai da qualche anno, e sempre di più pone l’attenzione sul concetto di prestazione energetica negli edifici.
Che siano residenziali o ad uso professionale, gli immobili italiani dovranno adeguarsi ai nuovi criteri emergenti di efficienza.
Sono quelli indicati dalla revisione della Direttiva sul rendimento energetico degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD). È nata appositamente già nel 2002 (Direttiva 2002/91/CE), come principale strumento legislativo europeo per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio di tutti gli stati membri.
Data la situazione di crisi energetica e climatica, la vecchia direttiva non sembra più adatta a rispondere alle necessità attuali. Per questo, da ottobre scorso se ne discute aggiornamento, sul quale il 9 febbraio si darà il primo voto utile.
Le disposizioni proposte favoriranno molti interventi di riorganizzazione degli edifici; tutti mirati verso migliori prestazioni energetiche e minore aria inquinata. Nel caso delle nuove costruzioni, ovviamente dovranno essere dotate fin dall’inizio di criteri ad alta efficienza.
Questa proposta, che detta in modo così sintetico sembra semplice e chiara, presenta vari risvolti tra tempistiche e modalità. Non sempre è così facile e immediato rinnovare un immobile tramite efficientamento energetico, per i proprietari. Mentre il Parlamento Europeo sembra non abbia molta comprensione o volontà di trovare “dilazioni”.
Partiamo dalla proposta del relatore UE, Ciarán Cuffe che ha illustrato la sua idea di direttiva per le case green, affinché il parlamento ne discuta.
Il fine sarebbe quello di aiutare i paesi membri UE a rendere gli edifici “meno dispendiosi e inquinanti”. L’efficientamento energetico immobiliare porterebbe benefici sociali, sanitari ed economici, in vista di un progetto più ampio: il pacchetto di normative Fit for 55.
Si tratta della strategia europea per la riduzione delle emissioni nocive del 55% (rispetto al 1990) entro il 2030, e rendere la UE neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050.
I mezzi sarebbero le ristrutturazioni per rinnovare gli edifici con le peggiori performance, ossia quelli appartenenti alle classi energetiche G, F ed E.
Dovranno aumentare la classe energetica dell’immobile e arrivare:
Sono poche le deroghe previste in bozza, ecco alcune delle esenzioni: case vacanza, palazzi storici vincolati dai Beni Culturali, case dei centri storici, chiese e altri edifici di culto, abitazioni indipendenti con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
La discussione e la preoccupazione italiana riguardano i piccoli borghi e gli edifici storici non vincolati. Chiaramente non dovrebbero stravolgere la loro unicità per ricorrere a tutti i costi le emissioni zero del biossido di carbonio.
Insomma, l’efficientamento del patrimonio edilizio s’ha da fare, secondo la UE ma le case green potrebbero rivelare aspetti “dark”!
Per ora la direttiva è in discussione: sorgono dei dubbi e sono in atto vari dibattiti. Si parla molto degli interventi per raggiungere la classe E oppure D, ma esattamente cosa significa?
Per calcolare il consumo di energia di un edificio, si usa la scala dei valori riferita alle classi energetiche; un dato condiviso per un criterio comune. Le classi, quindi, sono degli indicatori che vanno dalla prestazione più alta fino alla meno efficiente, utilizzando lettere dell’alfabeto e numeri.
Si parte dalla classe energetica A4, la migliore, per arrivare alla classe G, la meno “performante”.
Ognuna delle classi definite viene associata ad un punteggio da 1 a 10, calcolando i consumi minimi e massimi con il valore EP – l’indice di prestazione energetica.
Attenzione. Non si deve confondere la classe energetica con il valore EP, ossia l’energia totale consumata dall’edificio climatizzato, valutata ogni anno per metro quadrato.
Parlando della direttiva UE applicabile alle case della penisola, la maggior parte degli immobili residenziali costruiti tra gli anni ’70 e ’90, appartiene alla classe energetica E.
Quelli costruiti prima probabilmente sono ancora in classe F o G, e dovrebbero raggiungere tale status “E”. Per poi arrivare alla D – classe energetica a cui appartengono le abitazioni più recenti.
Le case green in classe D solitamente sono dotate di un buon isolamento termico, con muri esterni ispessiti, coibentazione del tetto e infissi a doppio vetro. Ma la stima delle prestazioni non è semplice, e intervengono molti fattori che possono far “scivolare” l’edificio verso la E.
Per chi teme di essere “costretto” a cambiare gli infissi e le fonti del riscaldamento in casa… è bene prepararsi!
In Italia, il timore più grande è che, così, si inizi una svalutazione del patrimonio immobiliare; quindi della propria casa o dell’edificio acquistati. Non è questione da poco, dato che nel nostro paese sono moltissimi gli immobili in condizioni ancora lontane dalla riqualificazione energetica, a volte anche perché fanno parte del patrimonio storico-architettonico.
Le date previste per la direttiva sono decisamente tempi stretti: il 2033, sembra lontano ma non lo è per un lavoro così intenso di rinnovamento edilizio nazionale.
Il mercato immobiliare potrebbe reagire in modo complesso, con tensioni molto forti sulle svalutazioni o le rivalutazioni. L’ansia di vedere diminuito il valore della propria casa è veramente alta.
Già Confedilizia e la FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) si sono espresse con diverse perplessità. Secondo alcuni rappresentanti, la bozza di revisione della direttiva non promette bene, visto che gli obiettivi per le case green sembrano poco fattibili in tempi brevi.
Oltre all’arrivo in classe energetica E entro il 2030 e la classe D nel 2033, ricordiamo che con il Fit for 55 si vorrebbe arrivare all’emissione zero tra il 2040 e il 2050.
Ridurre l’impatto ambientale degli edifici con tali scadenze sembra una rincorsa eccessiva per il quadro edilizio italiano. Potrebbe portare ad una forte svalutazione immobiliare, e non certo per poche persone. Si tratta di oltre 57 milioni di unità immobiliari, che risultano in classi energetiche F e G – nella maggioranza costruite in tempi precedenti rispetto a norme di risparmio energetico e sicurezza sismica. Stando a tali performance energetiche richieste, almeno 2 case su 3 dovrebbero essere ristrutturate.
I costi delle riqualificazioni ricadrebbero sui cittadini, che dal 2024 non potranno più usufruire del Superbonus a quanto pare. Una tale prospettiva di inflazione è preoccupante per l’economia italiana, anche se l’obbligo delle istituzioni europee, per ora sembra lasciare aperta la porta ad altre discussioni.
Come per molte direttive UE, l’applicazione si attua tramite una “traduzione” nazionale per ogni paese. L’iter da seguire per rendere le case green sarà definito dal governo italiano, rispettando in linea di massima alcuni punti fermi.
Per passare alla classe energetica E e poi classe D, i tagli sui consumi prevedono interventi come:
Si otterrebbe un risparmio del 25% sul consumo energetico attuale: un primo punto di vantaggio del “bollino verde” per le abitazioni.
Questi interventi nelle unità immobiliari, possono migliorare la classe energetica in tempi rapidi. Perché tanta fretta? Secondo la UE, gli edifici residenziali creano almeno il 40% del consumo energetico e sono responsabili del 36% dell’emissione di gas nocivi nell’atmosfera.
Rappresentano dati da “abbattere” per Bruxelles e forse la mediazione dei prossimi giorni sarà sui tempi.
Se la neutralità climatica entro il 2050 sembra difficile, partendo passo per passo, potrebbe essere un obiettivo meno spaventoso.
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